Silì si trova a poco più di 1 Km a
nord-est di Oristano, sulla riva sinistra del fiume Tirso, in una zona
pianeggiante leggermente ondulata e per gran parte
coltivata. Sul significato del nome Silì non c’è
accordo tra gli studiosi. Anticamente il villaggio si chiamava “Silli” e
secondo l’archeologo Giovanni Spano è un termine fenicio e significherebbe “
luogo di tranquillità, mio riposo”.
SILI o SILLI, altrimenti Syli, come leggesi nelle antiche scritture, villaggio della Sardegna nella divisione di Cagliari, provincia di Oristano, compreso nel mandamento di Simagis, sotto il tribunale di prima cognizione di Oristano, è già parte della curatoria del campidano di Simagis, che comprendevasi ne regno di Arborea.
La sua posizione geografica è nella latitudine 39° 54’ 30” e nella longitudine occidentale dal meridiano di Cagliari 0° 29’.
Siede prossimo alla sponda sinistra del Tirso in un piano ondulato, in esposizione a tutti i venti, senz’alcuna diversità di clima da quello di Oristano, e con la stessa qualità d’aria, che è maligna nelle stagioni calde. I miasmi più copiosi sorgono da tre paludi vicine.
L’infossamento in cui è il paese vi mantiene l’umidità e la nebbia.
La nebbia di maggio nuoce alle messi, nei territori seminati, nel giugno anche agli altri frutti.
Territorio.La sua superficie non par maggiore di tre miglia quadrate, tutta nel piano, e quasi interamente coltivata, sicché mancasi di bosco e non si hanno altri animali selvatici, che conigli, lepri e volpi.
Nel fiume e dove stagnano acque si hanno varie specie di uccelli acquatici. Nelle altre parti sono tortore, merli, tordi e cornacchie.
Dà luoghi pantanosi insieme co’ miasmi sorge una infinita quantità di zanzare, delle quali alcune hanno velenoso il pungolo almeno su persone che hanno cotenna men dura che sia agli abitanti.
Mancano le sorgenti, se si eccettua quella che dicono Sa mitza de S. Quirico.
I pozzi che sono dentro l’abitato danno acque potabili.
La fonte che gli oristanesi dicono di Sillì resta sul confine del territorio, e serve nell’estate a molte famiglie di Oristano; le donne fanno un miglio per andare e altrettanto per ritornare portando la brocca sul capo. Ma non è questo un viaggio molto più lungo di quello che son solite fare quando attingono dal fiume sotto Pontegrande.
Popolazione.Nel censimento del 1846 si notarono in Sillì anime 505, distribuite in famiglie 175 ed altrettante case.
Componevasi questo totale nell’uno ed altro sesso, secondo i diversi stadi di vita, delle seguenti parti:
Fascia di età |
MASCHI
|
FEMMINE
| |
Sotto i 5 anni
|
27
|
27
| |
Sotto i 10 anni
|
56
|
22
| |
Sotto i 20 anni
|
51
|
46
| |
Sotto i 30 anni
|
37
|
36
| |
Sotto i 40 anni
|
23
|
24
| |
Sotto i 50 anni
|
17
|
17
| |
Sotto i 60 anni
|
8
|
7
| |
Sotto i 70 anni
|
4
|
3
| |
Sotto gli 80
|
1
|
0
|
Quindi si distingueva secondo lo stato domestico il totale di maschi 274, in scapoli 158, ammogliati 102, vedovi 44; il totale delle donne 231, in zitelle 115, maritate 102, vedove 14.
I numeri medi del movimento portavano nascite 22, morti 10, matrimoni 3.
Le malattie più frequenti sono le periodiche, le infiammazione del petto e l’asma.
Sono assistiti nelle malattie da un flebotomo.
Dei 200 uomini abili a lavorare quasi tutti sono occupati nell’agricoltura, che è la professione generale, perché per i mestieri sono due o tre. La fabbricazione di mattoni e tegole che è molto operosa in questo paese per lo smercio che se ne fa in tutto il campidano oristanese si esercita dagli stessi contadini nella primavera ed estate, occupando in questo il tempo che resta loro dalle fatiche agrarie.
Le donne lavorano il lino nei loro telai; ma se il numero di questi giunge a 150, quelli che sono in attività non sono più di 70.
La scuola primaria è una vera inutilità per il nessun profitto, e quindi una pura perdita e un aggravio ai contribuenti.
Agricoltura. Una parte di questo territorio, che sul suo essere inondata e fecondata dal fiume e dicesi Benaji, è esattissima a tutti i cereali, e alle specie ortensi; l’altrea più elevata, che fecondasi solo dalle piogge e dicesi Gregari è meno produttiva nei cereali, e poco atta all’orticoltura. I terreni di Gregari sogliono essere concimati per produrre di più, ma non possono fare quanto quelli di Benaji, fuori il caso di molte frequenze di piogge.
La quantità che annualmente si suole seminare è di starelli 550 di grano, 80 di orzo, 110 di fave, pochi di granone, 25 di lino, pochissimi di canape, 20 di legumi.
La fruttificazione comune può segnarsi di 10 per grano, 14 per l’orzo, 12 per le fave, 150 per la meliga.
Si raccoglie di lino circa 70 cantare, di canape due.
L’orticoltura è ristretta a poche specie: la più comune sono i meloni, dei quali se ne ottiene gran copia.
Le vigne piantate in un terreno ghiajoso fruttificano poco, e quelli stupidi che lamentano questo non pensano mai a modificarlo. Le specie più comunid’uva sono il LUCONARJU e CANNONAU, quindi la NEGRAVERA, l’ALLOPUS, il RATELLAU. Il vigneto occupa poco più di 100 giornate.
Il vino è di nessun pregio, e bevesi tutto nel paese senza sottrarne altra parte, che quella che cuocesi per la provvista della sapa.
Gli alberi fruttiferinon superano forse i 2500 ceppi: le specie più comuni sono fichi, susini, peri, albicocchi e olivi, i quali eccedono le altre per il numero.
Più della metà del territorio è reticolata da chiusi, i quali servono per pastura al bestiame, e per l’agricoltura.
Bestiame. Gli animali che si nutrono nel territorio di Sillì sono vacche, pecore e porci; le prime però non sorpassano i cento capi, le seconde i 100, gli ultimi i 500.
Per il servigio si hanno buoi 200, cavalli 55, giumenti 140.
Ad eccezione dei cavalli e giumenti che pascolano in campo aperto, l’altro bestiame ha pastura nei chiusi particolari, o propri o affittati.
Il formaggio pecorino che sopravanza al bisogno del paese vendesi alle cantine di Oristano. Esso non ha però alcun pregio per la male intesa manipolazione.
Commercio. Quello che i Silini possono lucrare dai loro prodotti a annuali in media forse non supera le lire 25 mila.
Le strade da questo ai paesi vicini e agli altri dipartimenti sono fangosissime nell’inverno e molto malagevoli a carri.
Silì tiene Oristano a ponente-libeccio a miglia 1; Simagis presso il levante dalla parte del greco a miglia 3 poco più; Sia-maggiore presso la tramontana dalla parte del greco, in là del fiume.
Per passare alla destra del fiume si hanno due guadi, uno detto della Maddalena, perché prossimo a questa chiesa rurale; l’altro il guado grande, che è nella notata via a Sia-maggiore.
Nella gonfiezza delle acque e quando inonda allora si va con una barchetta, pagando i forestieri mezzo soldo per volta, nulla quei del paese.
Religione. Sillì è compreso nella giurisdizione dell’arcivescovo di Oristanoed è servito nelle cose spiritualida un parroco, che ha il titolo di rettore, ed è assistito nel suo ufficio da un solo prete.
La chiesa parrocchiale è dedicata all’apostolo S. Pietro, e trovasi in quella parte del paese, dove il terreno rilevasi un poco.
Resta in poca distanza dall’abitato e prossima al fiume la chiesa figliale, che ha per titolare l’arcangelo Michele.
Le principali solennità sono per S. Pierto e per S. Michele con molto concorso di gente e lo spettacolo della corsa dei barbieri.
Antichità. Dentro di questo territorio non si riconosce alcun nuraghe. Se ve ne sono stati essi sparirono per essere i materiali serviti alle costruzioni, come avvenne in altri luoghi.
È tradizione che questo paese sia stato fondato da un certo Pietro Depani, il quale si distaccò da Oristano con la sua famiglia e si stabilì in questo sito. L’epoca che si accenna è lontana di cinque secoli. Forse essendo rimasto deserto il paese in seguito a qualche disastro, il detto Depani, che doveva avervi grandi possedimenti vi istaurò la popolazione. Posta vera quest’epoca, il ristabilimento di Sillì sarebbe avvenuto verso il 1330. comunque sia Sillì era popolato nel 1387, quando Leonora coi sardi si accordarono col re di Aragona nel trattato, che riferisce la storia. In tal occasione il comune di Sillì con gli altri del dipartimento del campidano Simagis concorse all’elezione del sindaco della curatoria, che coi sindaci degli altri cantoni doveva sottoscrivere e giurare la pace.
---- = Ferrovia
---- = Fiume TIRSO = Oristanese
altri dati su Silí
La vicinanza del fiume Tirso ha favorito l’insediamento umano
nella zona già in epoca preistorica, come testimoniano i ritrovamenti di macine
in pietra basaltica, punte in ossidiana, frammenti di ceramica grezza e i resti
di un nuraghe con il suo pozzo in località detta “ Su Sartucinu”. Il
primo documento di rilievo sull’esistenza del villaggio risale al 20 Agosto
1282: Mariano II dona a Mariano Mameli diTramatza,
per compenso di servigi, la “villa” di Silli. Il nome di Silli compare
poi nell’atto stipulato fra Eleonora d’Arborea eGiovanni I
d’Aragona (24 Gennaio 1388) dove si parla del “majore de villa “ de Siili.
Dalla fine del XIV sec. Silì compare sempre come sobborgo di
Oristano di cui seguirà le sorti. Così con la fine del Giudicato
d’Arborea, Silì passò al Marchesato di Oristano e assistette
al crollo dell’ultimo marchese Leonardo Alagon, sconfitto nei
dintorni di Macomer (19 Maggio 1478), e all’annessione dell’Arborea
alla corona d’Aragona. La patria dei Giudici diventava città regia di Spagna e
segnava la fine di ogni forma di resistenza.
Per i
piccoli paesi come Silì la vita si svolgeva secondo le consuetudini del tempo:
vita semplice in famiglia e lavoro dei campi, regolato dal sistema feudale.
Quando venne
abolito il feudalesimo con l’editto del 30 giugno 1837 il feudo del marchese di
Arcais (don Francesco FloresNurra) comprendente 27 ville intorno ad
Oristano, venne riscattato dallo Stato. I
progressi economici e culturali erano lenti come anche quelli demografici. Le
prime registrazioni della popolazione di Silì risalgono al
1650 col libro dei battesimi (Fara: “De Chorographia Sardiniae” )
che insieme agli altri successivi registri parrocchiali sono custoditi presso
l’archivio della curia arcivescovile di Oristano. Per l’amministrazione
ecclesiastica Silì era unito a Solarussa a formare un’unica “prebenda
canonicale” di lire 2100. Nel 1653 abitavano a
Silì 31 famiglie. Ma la vita era pesantemente condizionata dagli scarsi
raccolti, dal flagello delle cavallette, dalle febbri malariche e dalle pesti
periodiche. Tanto è vero che varie testimonianze ci dicono che il villaggio
rischiò in alcuni periodi di essere cancellato, come accade ad altri villaggi. Per
esempio, la peste del 1652-56 ridusse le famiglie da 31 a 4. Con i pochi
abitanti rimasti, ed emigrati per breve periodo altrove, Silì potè
ricostituirsi e nel 1698 aveva 47 famiglie che diventarono 65 nel
1728. Un certo incremento demografico si ebbe nel
XIX sec:
nel
1821 428 abitanti
nel
1844 505 abitanti
nel
1861 569 abitanti
nel
1881 671 abitanti
per arrivare
a 635 abitanti all’inizio del ‘900 e 2800 abitanti
attuali. Per quanto riguarda la situazione
economica Vittorio Angius nel suo “Dizionario Geografico” ci dà vari dati: il
territorio più fertile vicino al fiume si chiama “Bennaxi” e si presta
ad ogni tipo di coltivazione, l’altro più arido si chiama “Gregori”. Le
attività economiche erano incentrate sull’allevamento (nel 1770 c’era una
compagnia di barracelli o guardie campestri), sulla coltivazione e lavorazione
al telaio di canapa e lino, e sull’attività di artigiani abilissimi nella
lavorazione dell’argilla: le tegole di Silì molto ricercate, erano esportate
lontano. Silì era in posizione difficile per i
collegamenti. Per attraversare il fiume c’era un servizio di traghetto al
prezzo di 5 centesimi a persona, gratuito per i siliesi.
Opere significative per Silì sono state la
costruzione nel 1806 di un canale di bonifica da parte di Vittorio Emanuele I e
nel 1845 grazie all’iniziativa del vescovo di Oristano Mons. Giovanni Maria
Bua, l’apertura di una strada che unisce Silì ad Oristano, al posta di un
polveroso e fangoso sentiero.
Sono presenti a Silì una chiesa parrocchiale
dedicata a S. Pietro Apostolo, una chiesa minore intitolata a S.
Michele Arcangelo (santo protettore) e la chiesa gotica di Santa
Maria Maddalena.
Il territorio di Silì ha
cinquemila anni di storia. Gli uomini agricoltori ed allevatori dell'epoca
neolitica (circa 3000 a.C.) si fissarono sui dossi alluvionali della riva
sinistra del fiume Tirso, a Bau Proccus e Cuccuru 'e Frumini. In quei siti
possono ancora oggi raccogliersi gli utensili scheggiati nel nero vetro
vulcanico del monte Arci, l'ossidiana, ed i frammenti di vasellame, talora
ornato con decoro geometrico, prodotto da quelle genti. Poi venne l'epoca dei
nuraghi, intorno al 1500 a.C., e sul lieve colle di Sartuccinu sorse un
possente nuraghe edificato in blocchi di basalto. Ai piedi del monte Arci un
formidabile fortilizio nuragico, il Bau Mendola, consentiva un controllo
adeguato del territorio del Gregari, fino al letto del Tirso. I Fenici ed i
Cartaginesi fissati nella prossima città di Othoca (S.Giusta) dovettero
irradiarsi nelle fertili pianure di Silì, benché ci manchi finora una precisa
documentazione. Durante il dominio romano (238 a.C. - 460 d.C.), il territorio
di Silì fu interessato dalla razionale colonizzazione agraria dei Romani. La
strada principale dell'isola, che congiungeva Porto Torres con Cagliari,
transitava ad Est dell'abitato attuale di Silì per raggiungere Othoca.
testimonianze della presenza romana sono state riconosciute a Sartuccinu ed in
località Bia Manna, attraversata dalla via romana.
Il centro abitato di Silì deve
risalire almeno ad età bizantina, poiché nel secolo scorso si individuò una
tomba contenente orecchini d'argento a globo mammellato, caratteristici della
produzione bizantina del VI-VII secolo d.C. Durante l'età giudicale (X sec. -
1410), Silì appartenne al giudicato d'Arborea, ricadendo nella curatoria del
""Campidano di Simaxis"". Testimonianza di quell'epoca è la
splendida chiesa di Santa Maria Maddalena, ad unica navata, con tribuna
quadrata, attribuibile alle correnti gotiche del XIV sec. che espressero le
chiese oristanesi di San Martino e Santa Chiara. La chiesa parrocchiale
dedicata a San Pietro Apostolo e la chiesa di San Michele Arcangelo potrebbero
risalire ad età giudicale, se non al periodo altomedievale. Le attuali
strutture sono, comunque, assai tardive, riflettendo opere di ricostruzione di
età spagnola. A quest'ultima fase si riportano le belle statue lignee
policrome, riccamente dorate, di S. Pietro e di N.S. de les Arecomanadas.
Riferimenti Storici e Dati Attuali
a Confronto.
L'etimologia del nome
"Silì" è finora ignota. I tentativi eruditi di risalire, attraverso
una radice semitica, a un significato "mio riposo" o simile, restano
senza fondamento.
Il più antico scritto che nomina
Silì è datato 20 agosto 1282: il giudice arborense Mariano II dona a Mariano
Mameli di Tramatza, tra gli altri beni, anche una parte "de quator
partibus Saltus de cello, qui est in territorio villa Silli".
La chiesa della Maddalena è invece
nominata nel testamento del giudice Ugone II d'Arborea, visconte di Bas (padre
di Mariano IV), datato 4 aprile 1336: a questa chiesa vengono lasciate quindici
pecore e un bue "per la salvezza dell'anima" del defunto.
Silì fu comune autonomo fino al
Regio Decreto del 1922, che configurava il paese come frazione di Oristano. Tale
decreto fu attuato nel 1926.
Altri documenti sono citati nelle
opere degli studiosi Giovanni Spano, Dionigi Scano, Vittorio Angius, Pasquale
Tola, Raffaello Delogu, Giovanni Francesco Fara, Raimondo Bonu. Dati più
aggiornati alle attuali ricerche furono forniti durante la conferenza tenuta a
Silì, a cura del "circolo Culturale Mollu e Cannas", dagli studiosi
Raimondo Zucca, Salvatore Sebis, Carlo Luglio e dal sovraintendente ai beni
archeologici per le provincie di Cagliari e Oristano, prof. V. Santoni.
un video racconta quando a Silí si facevano le tegole.
elenco storico dei
parroci
Dal
|
Al
|
|
2009
|
In atto
|
Don Gianni Maccioni
|
1994
|
2009
|
|
1992
|
1994
|
Don Giovannino Solinas
|
1986
|
1992
|
Don Bruno Zucca
|
1961
|
1986
|
Don Giuseppe Farris
|
1914
|
1961
|
Don Michele Sechi
|
1911
|
1914
|
Rettore Francesco Zedda
|
1876
|
1911
|
Rettore Antonio Vinci
|
1863
|
1876
|
Rettore Didaco Loi
|
1861
|
1863
|
Rettore Giuseppe Luigi Fadda
|
1851
|
1861
|
Rettore Raimondo Putzolu
|
1847
|
1851
|
Rettore Antonio Atzori
|
1836
|
1847
|
Rettore Michele Cabitza
|
1779
|
Rettore Sisinnio Dessì
(primo rettore)
|
elenco storico
dei viceparroci
Dal
|
Al
|
|
1859
|
1862
|
Sac. Giuseppe Luigi Fadda
|
elenco storico dei
sacerdoti originari
Nato il
|
Morto il
|
|
Sac. Salvatorangelo Pani
|